Guidare per 140km. Correre per
32km e 800 D+. Guidare per altri 140km nel cuore della notte e tornare a casa.
“Ma chi me lo fa fare?” Mi sono
chiesto mentre ero steso sul bordo del lago di Candia (TO), un’ora prima della
partenza.
Dal bordo del Lago di Candia
parte l’Erbaluce Night Trail, una gara da correre in coppia (val anche col cane!),
passando dalle vigne dell’omonimo vino ai boschi delle colline piemontesi.
Torniamo a correre l’ENT dopo un
anno di pausa: due anni fa l’avevamo terminato in sofferenza, dopo aver finito
la benzina intorno al 24mo km. Speriamo che stavolta vada meglio.
Partiamo e dopo 1 km di asfalto
cominciamo ad andare per campagne. Ogni tanto, qualche bella pozza di fango ci
ricorda che la settimana è stata particolarmente piovosa. Ora invece fa tanto
caldo e, con lo zainetto sulla schiena, il caldo non si disperde come vorrei. I
primi 10 km sono abbastanza sofferti: caldo e percorso con saliscendi rischiano
di stroncare le gambe. Restiamo calmi e andiamo avanti con il nostro passo.
Dopo 12 km si ripassa dalla
partenza: qui si chiude la gara dei singoli che hanno scelto di fare il
minitrail. Noi, invece, costeggiamo il lago per 2 km. Poi svolta secca a
sinistra e si entra nel bosco.
Riusciamo ad agganciarci a un “treno”
di 3-4 coppie, in un sentiero in single-track. Ottimo: si scambia qualche
chiacchiera ed il tempo passa più velocemente. In questa fase il percorso è
piacevole; non ci sono strappi particolari, il terreno è pulito e ben segnato.
Al ristoro del 20mo km, prima di infilarci nuovamente nel
bosco, tiriamo fuori le lampade frontali. Comincia a far buio e tra la vegetazione
fitta lo è ancor di più. Stavolta siamo noi a tirare un bel trenino. Stiamo
bene. Alcuni “vagoni” si sfilano. Cominciamo a superare alcune coppie in
difficoltà. Il mio socio va in modalità “ultratrail” e devo urlargli dietro per
richiamarlo all’ordine.
Al 25mo, comincia a piovere e a
tuonare…. Poca roba, nel bosco si sente ancor meno, ma per fortuna non
peggiora.
Subito dopo, la mia frontale
decide che è arrivato il momento di smettere di vivere: alè, ancora 6 km da
fare con una sola frontale, tra discese nel bosco e passaggi nei campi.
Speriamo di non cadere.
Prima della discesa, però, ci
tocca l’ultimo strappo veramente duro, su asfalto, tra tornanti, fino alla
chiesetta di Santo Stefano. Troviamo l’ultimo ristoro e tanta gente allegra a
sostenerci.
Si scende alla cieca; il mio socio
sembra un navigatore da Rally: “Ocio Fra!” ,”Radice”, “Sasso”; “Ripido”, “Pietre
bagnate”.Miracolosamente riesco a stare in
piedi. Ce l’abbiamo quasi fatta: ricordo
due anni fa la sofferenza nel passaggio in leggera salita al 30mo, nel centro
abitato. Stavolta corriamo e ci lasciamo alle spalle qualche coppia. Si comincia a sentire la voce
dello speaker: è andata! Arriviamo col sorriso e siamo molto soddisfatti. L’atmosfera all’arrivo è da festa
di paese: sarà il vino offerto dalla pro-loco, ma sono tutti molto allegri.
Facciamo una doccia e ci godiamo la cena offerta dall’organizzazione. Non ho nessuna intenzione di
rimettermi un paio di scarpe attorno a questi piedi martoriati dalle vesciche. Torno
a casa guidando in infradito. Sono le 2.30 del mattino quando
infilo le chiavi nella toppa di casa: sono felice, ecco la risposta alla domanda
che mi ero posto 4 ore prima, sul borgo del Lago.