Dott.
Matteo SIMONE
Psicologo,
Psicoterapeuta Gestalt, Terapeuta EMDR
Vari autori hanno individuato le competenze psicologiche che un buon
arbitro deve possedere e che devono essere inclusi e praticati nei programmi di
formazione, e cioè la concentrazione, fiducia, capacità decisionale, capacità
di efficace comunicazione interpersonale e di autocontrollo.
Bisogna possedere in campo attenzione e
concentrazione, bisogna saper osservare ciò che avviene in
campo.
Sapere comunicare
è una componente necessaria dell'arbitraggio, gli arbitri devono riuscire ad
esprimere le proprie decisioni arbitrali in maniera convinta e rapida, è richiesta una netta decisione dando l'impressione
che l'arbitro è completamente sicuro di quello che ha visto, esitare troppo a
lungo dà ai giocatori e agli allenatori l'impressione di
incertezza, inoltre devono essere specifici e brevi nel fornire eventuali spiegazioni evitando lunghe discussioni.
incertezza, inoltre devono essere specifici e brevi nel fornire eventuali spiegazioni evitando lunghe discussioni.
Nell'ambito della terna arbitrale possono
insorgere dei problemi quando il direttore di gara ed i suoi assistenti si
conoscono poco o mancano la fiducia e la stima reciproca.
Il giudice di gara è sottoposto agli stress
agonistici che vivono gli sportivi e non solo, situazioni percepite come
stressanti riguardano il timore di aggressione fisica da parte di spettatori e
giocatori, episodi di violenza o rissa durante la gara, la paura di sbagliare,
si è fischiati dal pubblico, i giocatori contestano le decisioni, i genitori
dei calciatori più giovani nei tornei minori insultano gli arbitri dagli
spalti, i tifosi dei tornei amatoriali inseguono gli arbitri negli spogliatoi, i campioni protestano ogni volta che secondo
loro l’arbitro ha commesso un errore.
Gli
arbitri devono mantenere la loro auto-controllo in ogni momento, soprattutto
quando sotto pressione, quando ci sono probabilità di essere risse, lesioni,
reati e scoppi di violenza.
L’arbitro è costretto a correre su tutto il
terreno di giuoco, spesso non avendo tempo per recuperare energie.
Preferibile prima di ogni incontro
permettere all’arbitro di esplicitare le proprie sensazioni ed aspettative e
dopo la partita un 'debriefing' per permettere all'arbitro di esternare le
proprie emozioni.
Qualità ritenute fondamentali per prestazione arbitro:
-
conoscenza regole gioco;
-
conoscenza tecnica arbitrale;
-
disponibilità all’allenamento (fisico,
tecnico, mentale);
-
autonomia di giudizio;
-
capacità di reazione rapida;
-
fiducia in sé;
-
accettazione del giuidizio;
-
gestione dello stress;
-
efficacia comunicazione non verbale.
Un buon arbitro deve conoscere bene le Regole del Gioco, interpretare
ed applicare correttamente, essere in buone condizioni fisiche, essere ben
posizionati sul campo di gioco in ogni momento e hanno una buona intesa con gli
altri membri del team arbitrale.
Arbitri che
hanno fiducia in loro stessi non perdono il controllo di fronte a situazioni
difficili, è importante agire sapendo che si sta facendo il meglio che si può.
La capacità di gestire molte informazioni in
tempi molto brevi è una dimensione importante per un arbitro e per incrementare
questa capacità è importante un allenamento all’attenzione di quello che si fa,
consapevolezza e responsabilità, l’arbitro deve aumentare la sua capacità di
focalizzarsi sul “qui e ora” e riuscire a poter mettere da parte qualsiasi
distrazione interna o esterna, dai problemi comuni a quelli più importanti
pensando che c’è un tempo per ogni cosa, ora c’è la partita e deve essere
libero mentalmente di investire sulla buona riuscita del suo arbitraggio, dopo
ci sarà tempo di investire su altro che siano problemi o divertimenti.
L’arbitraggio è spesso messo in discussione
a causa delle varie moviole nei vari programmi televisivi, sul divano davanti alla TV tutti siamo
capaci ad arbitrare senza errori e senza stress, ma sul campo di gioco, per non
sbagliare bisogna avere:
-
capacità di giudizio;
-
competenza acutezza di sguardo;
-
responsabilità.
Gli arbitri devono
sentirsi impegnati nelle seguenti quattro responsabilità:
-
fare in
modo che l'evento sportivo si svolge secondo le regole del gioco;
-
intervenire
il meno possibile e non metersi al centro dell'attenzione;
-
stabilire
e mantenere una buona atmosfera in modo da rendere l'evento il più piacevole
possibile;
-
mostrare
interesse per i giocatori.
Quindi la motivazione intrinseca per
l’arbitro è la benzina che gli permette di andare avanti con una marcia in più
nel lavoro/passione, si impegna per pochi soldi e per qualche agevolazione
(rimborso spese e alcune facilitazioni come le tessere per accedere agli
stadi), nonostante tutto. Comune a
tutti gli arbitri che hanno rinunciato è l’aver perso la sensazione di godere
di ciò che fanno a causa della forte pressione di cui sono sottoposti.
L’immagine dell’arbitro a livello popolare
si rifà a un modello positivo, quello di Collina, l’uomo affidabile, sicuro,
incorruttibile, di successo.
L’arbitro è considerato come un facilitatore
della prestazione, è colui che regola i rapporti fra i giocatori di due squadre
avversarie.[1]
La psicologia dello sport nasce in Italia nel 1965, anno in cui si
svolse a Roma il primo congresso promosso dalla Federazione Italiana di
Medicina Sportiva ma la prima volta che le procedure di concetti e tecniche di
psicologia dello sport sono stati inclusi in un piano di preparazione per
arbitri di alto livello sportivi era nel periodo precedente il 2006 FIFA World
Cup Germany. L'esperimento ha prodotto risultati molto soddisfacenti.
Arbitri
esperti sottolineano che le competenze psicologiche rappresentano dal 50
al 70% del successo di un arbitro, queste capacità possono essere migliorate, così come quelle fisiche, gli arbitri che sono meglio preparati non sono nati con un corredo di qualità psicologiche, ma, evidentemente si sono costantemente addestrati ed esercitati alla capacità di
concentrarsi, di restare calmi sotto stress, di avere fiducia e sicurezza in loro stessi ed avere buoni rapporti con gli altri membri dell'organizzazione arbitrale.
al 70% del successo di un arbitro, queste capacità possono essere migliorate, così come quelle fisiche, gli arbitri che sono meglio preparati non sono nati con un corredo di qualità psicologiche, ma, evidentemente si sono costantemente addestrati ed esercitati alla capacità di
concentrarsi, di restare calmi sotto stress, di avere fiducia e sicurezza in loro stessi ed avere buoni rapporti con gli altri membri dell'organizzazione arbitrale.
Sono stato invitato ad una riunione mensile di
arbitri di calcio per parlare di psicologia dello sport, ho accettato l’invito
con piacere interessato ad approfondire la conoscenza di questa figura che
prima di tutto è un atleta di alto livello e in più è una persona che fa un
lavoro importante.
Il mio approccio è principalemente di interessarmi all’altro, di
incontrare l’altro con interesse, di cercare di stabilire un clima di fiducia
per un reciproco interesse di apprendimento.
Mi sono presentato alla riunione, manifestando da subito la mia
completa disponibilità ad essere a loro disposizione in quell’incontro e a
cercare di trasmettere delle conoscenze inerenti la psicologia dello sport.
Vi era un bel gruppo e devo confessare di essermi meravigliato per il
loro interesse all’argomento e per la voglia di approfondire la conoscenza,
facendo ogni sorta di domanda che spaziavano dalla figura di arbitro fino ad
arrivare ai diversi aspetti riguardanti gli atleti individuali, le squadre, le
diverse fasce di età.
Ho passato quasi due ore con queste persone e due loro coordinatori
che in quel momento facevano anche da moderatori agevolavando e stimolavando la
serata facendo domande a loro volta e chiarendo i dubbi, le impressioni, le
domande degli altri presenti.
Quello che è ventuo fuori è stato che queste persone erano consapevoli
del loro particolare impegno che assumevano nel momento che svolgevano la
funzione di arbitri e volevano a tutti i costi sapere come fare da un lato per
lavorare in maniera vissuta meno stressante possibile sia prima dell’incontro
dove ognuno si proiettava, si aspettata, si rappresentava il moomento
dell’arbitraggio ipotizzando le diverse possibili difficoltà, e dall’altro lato
come fare per evitare o ovviare il minimo errore che può sempre accadere anche
se la persona è preparatissima tecnicamente, atleticamente e psicologicamente.
Inoltre è venuto fuori il problema delle relazioni nelle terne
arbitrali che se non sono bene collaudate ed afffiatate potrebbero comportare
delle tensioni che contribuirebbero ad un ulteriore stress da gestire.
Quello che ho potuto illustrare nel tempo disponibilile è stato
l’appproccio dell’esperto in psicologia dello sport ed in particolare il mio approcio
anche di psicoterapeuta e nel particolare ci ho tenuto a precisare che il
lavoro che si fa non è un lavoro di cura bensì teso al benessere psico-fisico della
persona ed al miglioramento della prestazione sportiva agendo su di versi
aspetti quali: il goal setting cioè la definizione degli obiettivi chiari
scanditi nel tenmpo, difficili ma raggiungibili; la motivazione che
particolarmente per quanto riguarda gli arbitri non può che essere una motivazione
intrinseca, cioè svolgono quest’attività non solo per guadagni, non solo per
avere un riconoscimento dagli altri, ma per il piacere di lavoro in quel
contesto, di svolgere quella funzione, di essere capaci.
Altri aspetti che mi premeva trasmettere è stato quello
dell’autoefficacia che per quanto riguarda loro dovrebbe essere elevata in
partenza, dovrebbero averla come corredo per intraprendere quest’attività ma,
comunque, va incrementata per acquisire una elevata fiducia in se stessì anche
considerando che sono da soli in un campo di calcio o calcetto per cercare di
condurre una partita facendo rispettare le regole a due squadre composte da
giocatori di diverse personalità attorno ai quali gravitano tante altre figure
quali allenatori, preparatori, dirigenti, sponsor, genitori, tifoserie e quindi
è alta la pressione sugli arbitri e sul loro operato e se gli stessi arbitri non
avessero una sicurezza sulla loro preparazione, autorevolezza, capacità non si
troverebbero comodi, sicuri nel momento di decidere di fischiare per decretare
una qualsiasi decisione.
Ho comunque fatto presente che è preferibile che gli interventi vengano
personalizzati, perché ad iniziare dallo stress, non si può dare la formula
magica per tutti ma ognuno va ascoltato, si crea una relazione, uno spazio, ed
assieme si decidono degli obiettivi, delle modalità di operare, facendo
presente che si tratta di un lavoro graduale da assimilare un po per volta nel
tempo.
Inoltre ho precisato che la visualizzazione, l’allenamento ideomotorio
è utilizzatol sia per trovrare delle risorse delle persone per rafforzarle ed
averle in primo piano, non dimenticarle, ancorarle in qualche modo, queste
risorse possono essere anche un arbitraggio ben riuscito, per esempio un
arbitro mi raccontava della soddisfazione che aveva ricevuto nel ricevere la
stretta di mano con le congratulazioni da parte della sqadra perdente, in
quell’esempio è importante aggangiarsi alla stretta di mano che diventa un
ancoraggio della sua buona riuscita, della sua alta autoeficacia, in pratica è
una fonte dell’autoefficacia ed è importante avere in mente i momenti di
riuscita, di benessere per compensare le preoccupazioni di una previsione di
non riuscita futura.
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