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martedì 7 agosto 2012

La sconfitta nello sport - Dott. Matteo SIMONE


“Non ne avevo più di così, ci ho provato fino alla fine”, ha dichiarato la Pellegrini ai microfoni di Sky Sport subito dopo la gara. “Fa male, ma so di avere dato il massimo”. Riprendersi dalla sconfitta si può, è “una cosa che mi è capitata tante volte, lo sport è fatto di questo”, ma “non c’è solo la testa, è la tenuta fisica che mi preoccupa”. "La sconfitta di ieri non cancella quello che ho fatto nello sport: almeno non per me, per altri amen"."La voglia di spaccare il mondo ce l'ho sempre - dice - e ci metto la stessa cattiveria, poi non sempre le risposte sono le stesse".
La percezione soggettiva della sconfitta dipende innanzitutto da due aspetti sui quali si lavora molto con un allenamento psicologico, e cioè la formulazione delgi obiettivi e la motivazione.
Per quanto riguarda gli obiettivi, l’atleta dovrebbe essere in grado di formulare una pianificazione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, obiettivi che siano difficili ma raggiungibili, sfidanti, si dovrebbero poer visualizzarli, immaginarli nel momento in cui si raggiungono gli obiettivi.

Può capitare che ci siano delle difficoltà nel raggiungere questi obiettivi e qualche volta l’atleta può considerare il non raggiungimento di un obiettivo prefissato come una sconfitta personale.
Ma nello sport si mettono in conto le sconfitte, servono a farti fermare, riflettere, fare il punto della situazione, osservare, valutare, capire cosa c’è stato di utile, di importante nella prestazione eseguita e su cosa, invece, bisogna lavorare, cosa si può migliorare. Quindi, tutto sommato, la sconfitta potrebbe servire per fare una valutazione dell proprie risorse, punti di forza e, al contempo, delle criticità.
Parlando ancora del suo futuro, la Pellegrini non ha escluso niente: «Se tornerò dopo l'anno di pausa? Questa è la convinzione poi ci vogliono anche le motivazioni. Spero che ritornino, ma penso di sì perché il nuoto è il grande amore della mia vita. Se ci sarò alle Olimpiadi di Rio? Penso di sì - ha aggiunto la veneta - per fortuna sono giovincella e posso giocarmi un'altra Olimpiade». La sconfitta della Pellegrini sembra legata a una mancanza di motivazione. Federica ha tutto l'aspetto di una campionessa che vive di una fama passata e persino la gente sembra interessarsi più alla sua vita privata che ai successi sportivi.
L’altro aspetto di cui accennavo all’inizio, importante in caso di prestazione percepita come sconfitta è la motivazione, se un atleta è fortemente motivato nel voler praticare il suo sport che comporta lavori, sacrifici, rinunce, affronterà le sconfitte a testa alta, complimentandosi con se stesso per quello di buono che è riuscito a fare finora, complementandosi con l’avversario per la bravura dimostrata in quell’occasione, anche perché prima o poi lo trovi uno più forte o che comunque riesce a batterti.
Diversamente accade per i campioni che hanno estremo bisogno, estrema necessità di confermarsi campioni, quando si raggiunge una notorietà molto elevata, eccessiva, si rischia di attrarre l’interesse non solo della vita sportiva dell’atleta ma dell’intera vita privata, e questo se all’inizio può essere piacevole per il piacere di essere riconosciuti, contattati, alla lunga può produrre stress, nervosismo, deconcentrazione, fino alla distrazione disfunzionale dall’attività sportiva praticata.
L’atleta è tentato a rilassarsi troppo, a non investire proficuamente nello sport, e questo va a discapito dellla performance che richiede un investimento notevole. In questi casi l’atleta campione è tentato a distrarsi perché cambia la motivazione, conosce il piacere della notorietà senza faticare, ma la gente si interessa a lui per il solo fatto di essere stato campione e ciò può portare a una reale fine carriera.
Ciò che distingue un campione da un atleta comune è la resilienza, il cui significato è: “mi piego ma non mi spezzo”, che sta a significare che il vero campione esce fuori dalle sconfitte con più voglia riscattarsi, di far meglio, di migliorare gli aspetti, le aree in cui ha mostrato carenza. Chi è resiliente, infatti, non si lascia abbattere da una sconfitta ma ne esce rafforzato, analizza i suoi errori e trova le giuste soluzioni per tornare a vincere. È grazie a questa dote del carattere che si diventa campioni: alcuni ci nascono altrimenti la si può sempre coltivare.
Il concetto di resilienza è presente anche nelle persone che subiscono traumi, quelli che possiedono questa caratteristica non vanno incontro a stress acuti, o disturbi post traumatici di stress, ma ne escono più forti, con un valore aggiunto.
Lo sportivo non è solo, è circondato dall’allenatore che dovrebbe conoscere le sue potenzialità, i suoi punti di forza e di debolezza, dovrebbe costruire con l’atleta un progetto di obiettivi raggiungibili, stimolanti, da rivalutare all’occasione, dare feedback adeguati, spiegare le sedute di allenamento, l’importanza del gesto sportivo, il significato, raccontare aneddoti, far parte della storia sportiva dell’atleta, condividere momenti di gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere disposto ad ammettere di aver fatto un errore, di aver preteso, di aver sottovalutato, di non aver considerato.



Psicologo cinico e dello sport
Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Ipnoterapeuta Eriksoniano
380-4337230 - 21163@tiscali.it


1 commento:

Anonimo ha detto...
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